I Cantanti Neomelodici

I cantanti neomelodici: Mario Merola

I cantanti neomelodici: Mario Merola
È il re, l’imperatore, la massima espressione dei cantanti neomelodici. È Mario Merola, la voce del popolo, che ha saputo cantare la vita dei poveri e ha saputo catturare le loro lacrime in film e concerti memorabili. I suoi funerali sono stati degni di un capo di stato e forse, a Napoli, un po’ ha avuto questo ruolo.
Mario Merola è il re dei cantanti neomelodici.
Figlio di un ciabattino, fin da ragazzo, nell’immediato dopoguerra, lavora come stivatore al porto di Napoli. Inizia a esibirsi come cantante nel repertorio classico della canzone napoletana, raggiungendo nel giro di pochi anni un notevole successo, dapprima a Napoli e successivamente in Italia e all’estero.
Debutta con l’etichetta discografica Phonotris, incidendo il 45 giri “So nnato carcerato”, di Sciotti e Mallozzi. Con questo duo d’autori Merola registra altri brani nel biennio 1963-1964. La canzone colpisce in maniera particolare il pubblico popolare perché tratta da un vero fatto di cronaca: la vendetta di una moglie che uccide l’assassino del marito. Arrestata in stato interessante, la donna partorisce alcuni mesi dopo in carcere.
Dal successo della canzone viene anche tratta una sceneggiata, in due tempi e cinque quadri, portata in scena a Napoli con una non meglio identificata, ma certamente popolarissima, “Liliana” con Enzo Vitale e con la partecipazione di Tecla Scarano.
In un’irrefrenabile attività lavorativa nel corso degli anni sessanta Merola realizza dischi, si esibisce in spettacoli, matrimoni e feste di piazza. È un talent-scout (contribuisce tra l'altro alla prima popolarità del giovane Massimo Ranieri). Tra gli anni settanta e ottanta rilancia anche in televisione e nelle tournée fuori Napoli, la tradizionale sceneggiata, un canovaccio teatrale ispirato come è risaputo a una canzone del repertorio popolare e di solito basato sulla triangolazione “isso, issa e ‘o malamente” (cioè: lui, lei e il mascalzone).
Parallelamente inizia un’attività di attore cinematografico in produzioni ispirate perlopiù a storie di cronaca nera o alle consuete sceneggiate. Nei film d’azione interpreta ruoli di boss e di guappo mentre nei drammi più tradizionali incarna le figure di padri e mariti alle prese con tradimenti di vario genere.
Continuano intanto sia le apparizioni televisive, sia gli spettacoli all’estero, in Europa e Nord America, in particolare per il pubblico di origine italiana. Degli anni ottanta è il particolare successo del brano “Chiamate Napoli 081”, scritto dal maestro Eduardo Alfieri e ormai da anni tra i tradizionali cavalli di battaglia con i quali il pubblico lo identifica figurano brani come “Guapparia” e “’O zappatore”.
In occasione del Festival di Sanremo 1994, insieme a Nilla Pizzi ed altri, fa parte del gruppo Squadra Italia costituitosi per l’evento e interpreta il brano “Una vecchia canzone italiana”. Nel resto degli anni novanta è vicino alle prime esperienze canore di Gigi D’Alessio, considerato da lui come uno di famiglia, che gli dedicherà poi la canzone “Cient’anne!” e interpreta, nel 1992, il brano “Futtetènne” insieme al cantautore Cristiano Malgioglio.
Nel 2000 partecipa come attore al film di Roberta Torre “Sud Side Stori, interpretando il ruolo di Re Vulcano e duellando musicalmente con Little Tony.
Il 7 novembre 2006 Mario Merola, il re dei cantanti neomelodici, viene ricoverato in rianimazione. Muore il 12 novembre per arresto cardiocircolatorio in ospedale.
I funerali si svolgono due giorni dopo nella Basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore (la stessa dove Merola si era sposato e anche la stessa in cui venne celebrato nel 1967 il funerale di Totò). Presenti le autorità politiche, i colleghi e, nella piazza antistante la chiesa, circa 20.000 persone, almeno metà delle quali seguono in processione il feretro fino al Cimitero Monumentale di Napoli dove l’artista è sepolto.
Nel manifesto funebre affisso nelle strade di Napoli si è potuto leggere: «È mancato l’artista del popolo, il grande Mario Merola».
Mario Merola è sepolto nella cappella privata accanto ai genitori di Gigi D’Alessio per volere del cantante poiché l’aveva sempre considerato come suo familiare.


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