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Il grande cinema a Napoli: “La sfida”

Il grande cinema a Napoli: “La sfida”
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Napoli e cinema: matrimonio sempre di grande successo ma con molte sfaccettature diverse. Non si ride solamente nella città del sole ma si muore anche. Uno dei film di denuncia più importanti in questo senso è stato “La sfida” di Francesco Rosi. Attraverso il racconto dell’ascesa e del crollo del boss di quartiere Vito Polara il regista analizza la camorra e il suo modo di gestire il territorio.
Il cinema di Francesco Rosi si è più volte legato a Napoli. In “Le mani sulla città” il regista analizza come il crimine organizzato gestisce il territorio da un punto di vista urbanistico. Con “La sfida” l’accento è posto sul commercio ortofrutticolo. L’espediente narrativo è il racconto della vita di un piccolo boss di quartiere Vito Polara che vive all’insegna dell’avidità e nel mito del potere a tutti costi.
L’intreccio parte, come una lente d’ingrandimento, sul giovane ed arrogante Vito 8che ha i muscoli e la faccia da schiaffi di Josè Suarez), giovanotto napoletano di pochi scrupoli, che è divorato dall’ambizione di arrivare ad ogni costo alla fortuna. Per qualche tempo si occupa di contrabbando di sigarette ma, avendo avuto modo di osservare l’andamento del mercato dei prodotti ortofrutticoli a Napoli, decide di inserirsi a forza nell’organizzazione camorristica che lo domina e lo sfrutta, ritraendone lauti guadagni.
Avuti dei denari in prestito, Vito costringe un contadino a vendergli i suoi prodotti benchè questi siano riservati in esclusiva al potente capo dell’organizzazione, Salvatore Aiello. Vito non esita ad affrontare direttamente il grande boss, gridandogli in viso le proprie ragioni. Aiello vorrebbe far pagare caro al giovanotto la sua audacia ma, esortato alla prudenza dal resto dell’organizzazione, acconsente ad accoglierlo nella banda.
Inebriato dalla vittoria riportata, Vito crede di avere ormai in pugno la fortuna. Si fidanza con la vicina di casa Assunta (interpretata dalla burrosa Rosanna Schiaffino), acquista un appartamento lussuoso e si carica di debiti. Spinto dall’ambizione e da un’eccessiva fiducia nelle proprie forze, s’imbarca in una impresa assai più pericolosa di quella condotta felicemente a termine: decide cioè di trasgredire gli ordini di sua santità Aiello. Costui, per fare salire i prezzi, ha dato ordine che nessun carico di pomodori arrivi in città prima di una settimana. Vito, invece, promette ad un grossista di fornirgli subito una certa quantità del prodotto. Quando i contadini, impauriti per la presenza degli uomini di Aiello, si rifiutano di osservare i patti conclusi con Vito, questi, lasciata la sposa subito dopo la cerimonia nuziale, corre in campagna e riesce a caricare il prodotto acquistato scortando i carri fino ai magazzini generali. All’arrivo però trova una brutta sorpresa. Il resto della band gli ha teso un’imboscata. Viene freddato a revolverate dallo stesso Aiello, stufo della sua prosopopea.
Da notare che “La sfida” è il film di Rosi in cui meno appare l’elemento documentaristico, normalmente caratterizzante la sua opera. Tra fiction e realtà l’ago della bilancia pende decisamente a favore della prima con l’intento di trasformare in allegorico il personaggio di Suarez. Come in tante altre fatiche di questo maestro del lungometraggio, appaiono temi che sono ancora terribilmente d’attualità e stili che poi saranno ripresi da altri cineasti nel corso degli anni. “La sfida” è il nonno di “Scarface” e di “Gomorra”.


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